venerdì 31 agosto 2012

W il merito? Forse, ma....anzi con molti ma


Franco Cambi

Uno “spettro” si aggira, da tempo, nel dibattito scolastico e formativo, a livello politico e di opinion maker. Ha preso quota sulla stampa quotidiana per risalire, ormai, anche alle “stanze dei bottoni” politici. È la quaestio del Merito. Secondo un’ideologia neoliberista che si irrora, per li rami, su tutto l’agire nazionale: l’istruzione pubblica e la scuola laica devono, in primis, valorizzare capacità e merito. Individuare i “migliori” secondo uno standard...produttivo e premiarli: indicandoli come modelli e anche attraverso cerimonie di premiazione in denaro per fissarli, nell’immaginario, come eccellenze da emulare e per fungere da ideal-regolative nell’agire scolastico nel suo complesso.
Poco o niente da dire sul merito come impegno, come obiettivo di valutazione (e mai di selezione), come riconoscimento di eccellenze. C’è invece molto da dire sull’uso (neoliberista) del merito nella scuola e per l’istruzione.
1° punto: il ruolo della scuola è si valutare, ma non selezionare, bensì promuovere; e tutti, almeno tendenzialmente; senza creare gerarchie; anche i “meritevoli” dell’art. 34 della Costituzione vanno guardati più verso il basso (coloro che hanno capacità e volontà di..., ma con pochi mezzi economici) e meno verso l’alto (i “migliori”: per la società produttiva adulta e organizzata secondo l’economia di mercato); la scuola ha come compito primario: emancipare tutti, creare condizioni di uguaglianza, coltivare i soggetti secondo libertà e responsabilità e collaborazione. 2° punto: l’investimento culturale/formativo della scuola è di “lungo corso”; produce anche e soprattutto a distanza; i migliori a scuola non restano tali anche nei percorsi successivi e di lavoro e di vita, in genere; allora di che merito si parla, se si enfatizza con premi e cerimonie? Un successo scolastico (che i voti o giudizi stessi già valorizzano, che può essere anche più demarcato, ma senza accompagnarlo con una “ideologia meritocratica” che sta tutta fuori della (e contro la) scuola. 3° punto: l’impegno di dirigenza del sistema scolastico (a ogni livello) deve promuovere formazione per tutti, deve guardare a dare strumenti di cittadinanza responsabile per tutti, deve portare tutti verso la cultura, che sola rende ogni governato anche governante (Gramsci) e che si fa, così alimento profondo e attivo e costante della democrazia; quindi si tratta di creare più motivazione allo studio, di lottare contro la dispersione, di rinnovare la comunicazione in classe, didattica e non solo.
Allora, se così stanno le cose (e ci stanno: per ragioni sia pedagogiche, sia costituzionali, come di democrazia), che senso ha questa enfasi sul Merito? C’è dietro un’ideologia della scuola e della società che va denunciata (il neoliberalismo ha prodotto l’“inferno” socio-economico che ci assilla!). C’è l’oblio del compito primario della scuola e dell’istruzione moderna. C’è la visione di una società che gerarchizza, destina, distingue, platonicamente, tra soggetti “d’oro” o “di ferro”, in funzione dei suoi desiderata economico-produttivi. C’è un iter di formazione come omologazione a modelli sociali, portati così in interiore homine, di cui, pedagogicamente (la pedagogia è la scienza dell’umanizzazione dell’uomo: in tutti e per tutti, come pure in ciascuno e per ciascuno), non possiamo non denunciare la povertà, la “cattiva coscienza”, il brutale ideologismo.

"Riforma della scuola" n°15