Franco Cambi
Uno
“spettro” si aggira, da tempo, nel dibattito scolastico e
formativo, a livello politico e di opinion maker. Ha preso
quota sulla stampa quotidiana per risalire, ormai, anche alle “stanze
dei bottoni” politici. È la quaestio del Merito. Secondo
un’ideologia neoliberista che si irrora, per li rami, su tutto
l’agire nazionale: l’istruzione pubblica e la scuola laica
devono, in primis, valorizzare capacità e merito. Individuare
i “migliori” secondo uno standard...produttivo e premiarli:
indicandoli come modelli e anche attraverso cerimonie di premiazione
in denaro per fissarli, nell’immaginario, come eccellenze da
emulare e per fungere da ideal-regolative nell’agire scolastico nel
suo complesso.
Poco
o niente da dire sul merito come impegno, come obiettivo di
valutazione (e mai di selezione), come riconoscimento di eccellenze.
C’è invece molto da dire sull’uso (neoliberista) del merito
nella scuola e per l’istruzione.
1°
punto: il ruolo della scuola è si valutare, ma non selezionare,
bensì promuovere; e tutti, almeno tendenzialmente; senza creare
gerarchie; anche i “meritevoli” dell’art. 34 della Costituzione
vanno guardati più verso il basso (coloro che hanno capacità e
volontà di..., ma con pochi mezzi economici) e meno verso l’alto
(i “migliori”: per la società produttiva adulta e organizzata
secondo l’economia di mercato); la scuola ha come compito primario:
emancipare tutti, creare condizioni di uguaglianza, coltivare i
soggetti secondo libertà e responsabilità e collaborazione. 2°
punto: l’investimento culturale/formativo della scuola è di “lungo
corso”; produce anche e soprattutto a distanza; i migliori a
scuola non restano tali anche nei percorsi successivi e di lavoro e
di vita, in genere; allora di che merito si parla, se si enfatizza
con premi e cerimonie? Un successo scolastico (che i voti o giudizi
stessi già valorizzano, che può essere anche più demarcato, ma
senza accompagnarlo con una “ideologia meritocratica” che sta
tutta fuori della (e contro la) scuola. 3° punto: l’impegno di
dirigenza del sistema scolastico (a ogni livello) deve promuovere
formazione per tutti, deve guardare a dare strumenti di cittadinanza
responsabile per tutti, deve portare tutti verso la cultura, che sola
rende ogni governato anche governante (Gramsci) e che si fa, così
alimento profondo e attivo e costante della democrazia; quindi si
tratta di creare più motivazione allo studio, di lottare
contro la dispersione, di rinnovare la comunicazione in
classe, didattica e non solo.
Allora,
se così stanno le cose (e ci stanno: per ragioni sia pedagogiche,
sia costituzionali, come di democrazia), che senso ha questa enfasi
sul Merito? C’è dietro un’ideologia della scuola e della società
che va denunciata (il neoliberalismo ha prodotto l’“inferno”
socio-economico che ci assilla!). C’è l’oblio del compito
primario della scuola e dell’istruzione moderna. C’è la visione
di una società che gerarchizza, destina, distingue, platonicamente,
tra soggetti “d’oro” o “di ferro”, in funzione dei suoi
desiderata economico-produttivi. C’è un iter
di formazione come omologazione a modelli sociali, portati così in
interiore homine, di cui, pedagogicamente (la pedagogia è la
scienza dell’umanizzazione dell’uomo: in tutti e per tutti, come
pure in ciascuno e per ciascuno), non possiamo non denunciare la
povertà, la “cattiva coscienza”, il brutale ideologismo.
"Riforma della scuola" n°15