martedì 20 novembre 2012

Uno spartito per una attesa, difficile, nuova primavera per la scuola italiana



Uno spartito per una attesa, difficile nuova primavera per la scuola italiana.

Franco Frabboni

Dopo il successo delle primarie del Centrosinistra, che  hanno assicurato una larga vittoria al segretario Pierluigi Bersani, porto - in conseguenza con il voto espresso - alcune righe di riflessione sul sistema pubblico di istruzione che il Pd dovrà impegnarsi a garantire alle nuove generazioni negli anni a venire. Parliamo soprattutto della Scuola di base (preobbligo e obbligo) che ha vissuto nell’ultimo/terzo del Novecento un calda Primavera e poi nei primi due-lustri del Duemila un rovinoso ruzzolone invernale. 
Proprio questa caduta, non ancora terminata, impone di schierarsi, unendo la proposta ad una speranza che permane nonostante, e contro, la crisi della politica.
Questa gloriosa Scuola di base chiede (parliamo di circa un quarto degli italiani: studenti più insegnanti più genitori più enti locali più sindacati et al) al Direttore d’orchestra del prossimo Governo di potere vivere a lungo in climi estivi: caldi, perché inondati dal "sole dell’avvenire".

Su queste note di speranza, aggiungiamo un nostro breve spartito pedagogico.

Gli studiosi di Scienze dell’educazione, con l’orecchio rivolto ai rintocchi dell’orologio della Scuola di base dell’ultimo terzo del Novecento, invitano a riappropriarci del prezioso capitale di idee educative e di pratiche formative messe in cassaforte a fine Secolo dalla Pedagogia e dalla Didattica.
Sfoglieremo alcune foto ricordo della straordinaria Primavera che riscaldò il nostro sistema di istruzione. In particolare, daremo palcoscenico alle immagini indelebili che attestano il fecondo incontro tra la Pedagogia popolare e la Pedagogia accademica.
Nel darsi-la-mano, diedero vita a tre prestigiosi modelli/top: la Scuola dell’infanzia a nuovo indirizzo, la Scuola elementare a tempo pieno, la Scuola media a tempo prolungato. Parliamo di un percorso triangolare di alfabetizzazione - sotto l’egida, vorremmo, di Scuola comprensiva - plaudito in Europa e oltre oceano per l’originalità, l’uguaglianza e l’efficacia del suo abbigliamento pedagogico e didattico.
Siamo chiamati dunque a fare quattro-passi-indietro. Per rileggere un fine Novecento popolato di sciami di rondini il cui battito d’ali annunciava la stagione del risveglio del nostro sistema pubblico di istruzione.
Sono stati trent’anni del belpaese da non rimuovere. Durante i quali le nostre due/Pedagogie - la popolare (non-togata) e l’accademica (togata) - si allearono per denunciare, tramite i loro autorevoli megafoni, un sistema di istruzione sempre più enciclopedico, meritocratico e discriminatorio.
I MOSCHETTIERI NON TOGATI. Nella nostra penisola (solare, mediterranea, meridiana) è stata la Pedagogia non/accademica - nata nelle contrade periferiche - ad acquisire il merito di progettare e sperimentare una virtuosa teoria-prassi della Formazione di base. Parliamo della Pedagogia di conio popolare (nutrita dalle tante idee della scuola militante) nobilitata da moschettieri non-togati.
I loro nomi? Un lungo elenco. Un esercito di docenti, genitori, amministratori locali, parroci, educatori di territorio. In queste righe, ricordiamo dieci gloriose figure non/accademiche che riposano lassù sulla collina di Spoon River: Cecrope Barilli, Bruno Ciari, Carmine De Luca, Don Lorenzo Milani, Loris Malaguzzi, Sergio Neri, Gianni Rodari, Augusto Scocchera, Ettore Tarozzi, Margherita Zoebeli. La scommessa pedagogica è da loro giocata su una roulette popolata di bambini e di adolescenti in carne e ossa: dal volto storico e antropologico.
In questo giardino della memoria campeggia, per l’appunto, la Pedagogia popolare. Nata dal basso e ben consapevole che la Scuola mai deve abbassare la guardia da questa idea guida di natura democratica e civile: dare-di-più-a-chi-ha-di-meno.
Nella sfera di cristallo della Pedagogia popolare si respira profondamente la stagione-delle-viole che dà profumo (nessuna allusione al Ministro) al raffinato bouquet raccolto nei soleggiati prati non/togati.
I MENTORI TOGATI. Anche la Pedagogia accademica ricorda i “mentori” che riposano lassù sulla collina di Spoon River. Su questa altura dieci nobili figure togate hanno illuminato la Scuola di base dell’ultimo terzo di Novecento. I loro nomi? Sono stampati nella nostra memoria: Piero Bertolini, Mario Gattullo, Mauro Laeng, Raffaele Laporta, Lucio Lombardo Radice, Mario Mencarelli, Riccardo Massa, Antonio Santoni Rugiu, Cesare Scurati e Aldo Visalberghi. La loro penetrante riflessione scientifica e il loro sguardo attento allo stato di salute del nostro sistema di istruzione hanno lasciato in eredità un prezioso scaffale di diagnosi e di terapie formative. La collana di perle pedagogiche è posta sul petto di una Scuola di base dalle nobili identità sociali e culturali. Le citiamo.
Scuola palestra di cittadinanza. La prima perla irradia di luce l’opzione pedagogica per un sistema democratico di istruzione che mai abbassa la guardia dalla sua identità pubblica e gratuita: fondata sul diritto di tutti alla conoscenza.
Sul suo portone d’ingresso si legge a lettere cubitali un inalienabile impegno formativo: garantire a-tutti-gli-allievi, futuri cittadini, il diritto di entrare e di uscire da un ramo del sistema scolastico.
Scuola cattedrale di integrazione. La seconda perla irradia di luce l’opzione pedagogica per un sistema di istruzione che mai abbassa la guardia dalla vocazione assiologica all’integrazione delle diversità: disabili e altre etnie.
Sul suo portone d’ingresso si legge a lettere cubitali un inalienabile impegno formativo: assicurare il diritto al banco nella classe di tutti.
Scuola bottega di conoscenze. La terza perla irradia di luce l’opzione pedagogica per un sistema di istruzione che mai abbassa la guardia dal compito primario di assicurare alle giovani generazioni solide competenze disciplinari e interdisciplinari.
Sul suo portone d’ingresso si legge a lettere cubitali un inalienabile impegno formativo: azzerare i disavanzi e i ritardi cognitivi degli allievi.
Scuola comunità conviviale. L’ultima perla irradia di luce l’opzione pedagogica per un sistema di istruzione che mai abbassa la guardia dalla disponibilità, dalla cooperazione e dalla solidarietà. Possibile, se appronta un “ambiente” di vita comunitaria disseminato di dialogo, di amicizia e di collaborazione.
Sul suo portone d’ingresso si legge a lettere cubitali un inalienabile impegno formativo: facciamo girotondo a Scuola.
PENSIERINO DELLA SERA. Concludiamo con qualche interrogativo. In questi anni d’esordio del Ventunesimo secolo le due Pedagogie (popolare e accademica) saranno ancora in grado di ricondurre al nido le rondini primaverili di fine Novecento? Queste, saranno capaci di battere il ritmo della democrazia-inclusione-conoscenza-convivialità musicata per la Scuola di base di fine Novecento?
Se sì, la Scuola-che-verrà dovrà essere fornita delle risorse necessarie. Ineludibili, se il centro/sinistra intende formare nuove generazioni dalle teste ben fatte e dai cuori solidali: chiamate a seminare valori di democrazia e di cultura lungo i crinali del Ventunesimo secolo.

"Riforma della scuola" n° 16