Uno spartito per una attesa, difficile nuova primavera per la scuola italiana.
Franco Frabboni
Dopo il successo delle primarie del Centrosinistra, che hanno assicurato una larga vittoria al segretario
Pierluigi Bersani, porto -
in conseguenza con il voto espresso -
alcune righe di riflessione sul sistema pubblico di istruzione che il
Pd dovrà impegnarsi a garantire alle nuove generazioni negli anni a venire.
Parliamo soprattutto della Scuola di base (preobbligo
e obbligo)
che
ha vissuto nell’ultimo/terzo del Novecento un calda Primavera e poi
nei primi due-lustri
del Duemila un rovinoso ruzzolone invernale.
Proprio questa caduta, non ancora terminata, impone di schierarsi, unendo la proposta ad una speranza che permane nonostante, e contro, la crisi della politica.
Questa gloriosa Scuola di base chiede (parliamo di circa un quarto
degli italiani: studenti più insegnanti più genitori più enti
locali più sindacati et al) al Direttore d’orchestra del prossimo
Governo di potere vivere a lungo in climi estivi: caldi,
perché inondati dal "sole dell’avvenire".
Su
queste note di speranza, aggiungiamo un nostro breve spartito
pedagogico.
Gli studiosi di Scienze
dell’educazione, con l’orecchio rivolto ai rintocchi
dell’orologio della Scuola di base dell’ultimo terzo del
Novecento, invitano a riappropriarci del prezioso capitale di idee
educative e di pratiche formative messe in cassaforte a fine Secolo
dalla Pedagogia e dalla Didattica.
Sfoglieremo
alcune foto ricordo della straordinaria Primavera che riscaldò il
nostro sistema di istruzione. In particolare, daremo palcoscenico
alle immagini indelebili che attestano il fecondo incontro tra la
Pedagogia popolare e la Pedagogia accademica.
Nel
darsi-la-mano, diedero vita a tre prestigiosi modelli/top: la Scuola
dell’infanzia a
nuovo indirizzo, la
Scuola elementare a
tempo pieno, la
Scuola media a tempo
prolungato. Parliamo
di un percorso triangolare di alfabetizzazione - sotto l’egida,
vorremmo, di Scuola
comprensiva -
plaudito in Europa e oltre oceano per l’originalità, l’uguaglianza
e l’efficacia del suo abbigliamento pedagogico e didattico.
Siamo
chiamati dunque a fare quattro-passi-indietro. Per rileggere un fine
Novecento popolato di sciami di rondini il cui battito d’ali
annunciava la stagione del risveglio del nostro sistema pubblico di
istruzione.
Sono
stati trent’anni del belpaese da non rimuovere. Durante i quali le
nostre due/Pedagogie - la popolare
(non-togata) e l’accademica
(togata) -
si allearono per denunciare, tramite i loro autorevoli megafoni, un
sistema di istruzione sempre più enciclopedico, meritocratico e
discriminatorio.
I
MOSCHETTIERI NON TOGATI. Nella
nostra penisola (solare, mediterranea, meridiana) è stata la
Pedagogia non/accademica - nata nelle contrade periferiche - ad
acquisire il merito di progettare e sperimentare una virtuosa
teoria-prassi della Formazione di base. Parliamo della Pedagogia di
conio popolare (nutrita dalle tante idee della scuola militante)
nobilitata da moschettieri non-togati.
I
loro nomi? Un lungo elenco. Un esercito di docenti, genitori,
amministratori locali, parroci, educatori di territorio. In queste
righe, ricordiamo dieci gloriose figure non/accademiche che riposano
lassù sulla collina di Spoon River: Cecrope Barilli, Bruno Ciari,
Carmine De Luca, Don
Lorenzo Milani, Loris Malaguzzi, Sergio Neri, Gianni Rodari, Augusto
Scocchera, Ettore Tarozzi, Margherita Zoebeli. La scommessa
pedagogica è da loro giocata su una roulette popolata di bambini e
di adolescenti in carne e ossa: dal volto storico e antropologico.
In
questo giardino della memoria campeggia, per l’appunto, la
Pedagogia popolare. Nata dal basso e ben consapevole che la Scuola
mai deve abbassare la guardia da questa idea
guida di
natura democratica e civile: dare-di-più-a-chi-ha-di-meno.
Nella
sfera di cristallo della Pedagogia popolare si respira profondamente
la stagione-delle-viole che dà profumo (nessuna allusione al
Ministro) al raffinato bouquet raccolto nei soleggiati prati
non/togati.
I
MENTORI TOGATI.
Anche la Pedagogia
accademica ricorda i “mentori” che riposano lassù sulla collina
di Spoon River. Su questa altura dieci nobili figure togate hanno
illuminato la Scuola di base dell’ultimo terzo di Novecento. I
loro nomi? Sono stampati nella nostra memoria:
Piero Bertolini,
Mario Gattullo, Mauro
Laeng, Raffaele Laporta, Lucio
Lombardo Radice, Mario
Mencarelli, Riccardo Massa, Antonio Santoni Rugiu, Cesare Scurati e
Aldo Visalberghi.
La loro penetrante riflessione scientifica e il loro sguardo attento
allo stato di salute del nostro sistema di istruzione hanno lasciato
in eredità un prezioso scaffale di diagnosi e di terapie formative.
La collana di perle
pedagogiche è posta sul petto di una Scuola di base dalle nobili
identità sociali e culturali. Le citiamo.
Scuola
palestra di cittadinanza.
La prima perla irradia di luce l’opzione pedagogica per un sistema
democratico di istruzione che mai abbassa la guardia dalla sua
identità pubblica e gratuita: fondata sul diritto di tutti alla
conoscenza.
Sul
suo portone d’ingresso si legge a lettere cubitali un inalienabile
impegno formativo: garantire a-tutti-gli-allievi, futuri cittadini,
il diritto di entrare e di uscire da un ramo del sistema scolastico.
Scuola
cattedrale di integrazione.
La seconda perla
irradia di luce l’opzione pedagogica per un sistema di istruzione
che mai abbassa la guardia dalla vocazione assiologica
all’integrazione delle
diversità: disabili
e altre etnie.
Sul
suo portone d’ingresso si legge a lettere cubitali un inalienabile
impegno formativo: assicurare il diritto al banco nella classe di
tutti.
Scuola
bottega di
conoscenze. La
terza perla irradia di luce l’opzione pedagogica per un sistema di
istruzione che mai abbassa la guardia dal compito primario di
assicurare alle giovani generazioni solide competenze disciplinari e
interdisciplinari.
Sul
suo portone d’ingresso si legge a lettere cubitali un inalienabile
impegno formativo: azzerare i disavanzi e i ritardi cognitivi degli
allievi.
Scuola
comunità
conviviale.
L’ultima perla irradia di luce l’opzione
pedagogica per un
sistema di istruzione che mai abbassa la guardia dalla disponibilità,
dalla cooperazione e dalla solidarietà. Possibile, se appronta un
“ambiente” di vita comunitaria disseminato di dialogo, di
amicizia e di collaborazione.
Sul
suo portone d’ingresso si legge a lettere cubitali un inalienabile
impegno formativo: facciamo girotondo a Scuola.
PENSIERINO
DELLA SERA.
Concludiamo con qualche interrogativo. In questi anni d’esordio del
Ventunesimo secolo le due Pedagogie (popolare e accademica) saranno
ancora in grado di ricondurre al nido le rondini primaverili di fine
Novecento? Queste, saranno capaci di battere il ritmo della
democrazia-inclusione-conoscenza-convivialità musicata per la Scuola
di base di fine Novecento?
Se
sì, la Scuola-che-verrà dovrà essere fornita delle risorse
necessarie. Ineludibili, se il centro/sinistra intende formare nuove
generazioni dalle teste
ben fatte e dai
cuori solidali:
chiamate a seminare valori di democrazia e di cultura lungo i crinali
del Ventunesimo secolo.
"Riforma della scuola" n° 16