martedì 20 novembre 2012

Aprea, ex


D.F, G.S

Le manifestazioni studentesche culminate, per ora, nella giornata del 14 Novembre hanno preso a bersaglio, come era facilmente prevedibile,  il cosiddetto “disegno di legge Aprea”. In realtà il testo, cui si è giunti con un' intenso lavoro parlamentare alla Camera, ha poco a che fare coll'originaria proposta Aprea.
E’ cambiata l’anima del provvedimento originario. Da una visione che mutuava una visione aziendalista si è giunti ad una visione più simile a quella della comunità educante.
Se si crede alla autonomia scolastica (e sappiamo che non tutti ci credono) gli OO.CC devono avere strutture e funzioni che garantiscano alle scuole piena funzionalità.
Sicuramente quelli attuali non funzionano e alcuni esistono solo sulla carta, con composizioni non rinnovate da molti anni (praticamente solo i consigli di Istituto hanno un regolare o quasi regolare funzionamento), ma mettere mano ad essi richiederebbe un adeguato coinvolgimento del mondo della scuola che garantisca livelli elevati di condivisione. 
Bisogna chiedersi se vi siano la possibilità e l'opportunità che, a fine legislatura, si produca una legge sugli OO.CC.
Certamente il passaggio al Senato è necessario avvenga con una vasta consultazione di tutte le componenti   del  mondo della scuola.

Il testo comunque appare ancora disomogeneo, il che segnala progressivi rimaneggiamenti che tolgono unitarietà al testo, e anche con punti critici. Si decide di intervenire unicamente sugli organi interni della scuola, rimane
incerta la struttura a rete di rapporto con le altre scuole, poco considerati gli Enti Locali e le forze sociali del territorio.
La visione privatistica dell'originaria Aprea le portava, in modo inaccettabile, “dentro” la governance degli Istituti, ora non vengono delineate modalità adeguate di interfaccia e collaborazione.

I punti critici.
Dipendono, nella maggior parte, dalle norme sulla autonomia statutaria,

- la formulazione in essere è eccessivamente destrutturata e potrebbe configurare possibili scenari troppo diversificati che non garantiscano elementi minimi di unitarietà del sistema nazionale.
Quantomeno parrebbe opportuno un riferimento a linee guida da emanare da parte del ministero utili a definire profili standard di funzionalità, composizione, procedure.

-libertà di insegnamento. Sembra che sia sottesa una preoccupazione che gli OO.CC possano vincolarla.
Questo tema è delicatissimo, perché può determinare una ambiguità nella concezione del lavoro, tra attività dipendente pubblica e attività di tipo libero professionale.
La risposta sta nella esatta definizione delle responsabilità del lavoro docente nella vita della scuola, come per la valutazione che deve chiaramente spettare al consiglio di classe nella configurazione dei soli docenti., più che nella definizione del carattere generale del lavoro degli insegnanti.

-I Genitori e gli studenti. I Genitori mantengono l'espressione della Presidenza, ma non vi sono precise previsioni di organismi di diretta organizzazione e rappresentanza ne dei genitori, ne degli studenti, del tutto rimandate all'autonomia del singolo istituto.

-Il rapporto col gli EE.LL e le Regioni va considerato attentamente. La legge, nella sostanza, non affronta il tema. E' necessaria una precisa intesa sul testo di legge con le Regioni, in particolare sulle parti che indicano loro compiti e competenze, e sulla Conferenza ipotizzata, che potrebbe essere un valido strumento.

-Infine il nocciolo, ciò che fa più discutere. E' fin troppo sfumata la questione della partecipazione di esterni. Al termine di plurime riscritture risulta confusa la questione di chi può  conferire risorse (vengono citate solo le Fondazioni) e la possibilità delle forze sociali di partecipare alla vita della scuola. 

Chi scrive non è contrario all'afflusso di risorse private a sostegno della scuola pubblica. Già avviene, su progetti, in qualche modo è sempre avvenuto. Ma non è solo l'ignoranza delle questioni a determinare tanta avversione fra insegnanti e studenti. Forse sarebbe diverso se si partisse con il definire la struttura di un Istituto scolastico avendone chiari i compiti: una scuola inclusiva e moderna, che crede nella libertà ed autonomia della cultura ma che è innervata nel territorio dove opera. Allora la definizione di piani pluriennali di offerta formativa, garantiti da figure direttive presenti e non rarefatte per plurime responsabilità, in scuole di dimensioni “comprensive” ma non troppo estese, in un saldo rapporto con gli Enti locali, permetterebbe rapporti con i privati, di reciproca soddisfazione e senza né sudditanza né ritrosie burocratiche.


"Riforma della scuola" n°16